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Google acquisisce Fabric

Google sta acquisendo la piattaforma di sviluppo mobile di Twitter Fabric, così come il loro crash reporting system Crashlytics, più altri tool sempre connessi allo sviluppo mobile. Twitter ha lanciato Fabric nel 2014 sotto forma di una SDK modulare per permettere agli sviluppatori di usare selettivamente parti da includere per migliorare le proprie apps, ed oggi serve circa 2.5 miliardi di utenze relative a qualcosa come 580k sviluppatori.

Nel frattempo Twitter sta cercando di migliorare la propria situazione finanziaria, tagliando dipartimenti “non essenziali”. Passando la palla di Fabric a Google, inoltre, ha ridotto di molto i costi senza allo stesso tempo tradire gli sviluppatori che hanno fatto affidamento sulla piattaforma. Google infatti continuerà a mantenere Fabric e i relativi tools, ma gli sviluppatori non dovranno fare nulla per accompagnare la transizione.

I dettagli dell’affare non sono stati rivelati: Twitter ha rifiutato di fornire precisazioni alle richieste dei giornalisti e Google si è limitata a dichiarare che tutti i team members di Fabric saranno presi a bordo. Digits è l’unico strumento che rimarrà sotto controllo di Twitter durante il periodo di transizione.

Fabric andrà a ricadere nella piattaforma Firebase di Google così come Crashlytics. Fondata nel 2011, Twitter acquisì Crashlytics nel 2013 per 38.2 milioni di dollari più stock options per un totale di circa 100 milioni. Nonostante Twitter in Cina sia oscurato, Crashlytics può annoverare tra i suoi utenti giganti del calibro di Alibaba e Baidu. Inoltre Twitter vende spazi pubblicitari a grandi aziende cinesi, ma con questo passaggio di consegne ha rotto il ponte più cospicuo verso il paese asiatico.

Mentre in un primo momento Twitter praticava delle tariffe pay-per-use per tools come Crashlytics e Answers, successivamente li ha resi gratuiti. La strategia era di inglobare sempre più sviluppatori nell’ecosistema di utenti dei servizi di Twitter. Purtroppo tale strategia si è rivelata per l’azienda “troppo a lungo termine” e si sono ritrovati a dover fronteggiare un problema di perdite finanziare molto consistenti (103 milioni solo nel Q3 del 2016). Facebook per motivi analoghi si è trovata obbligata a spegnere la propria piattaforma per lo sviluppo mobile (Parse) proprio lo scorso anno.

Google, al contrario, si sta sempre più concentrando a trasformare gli sviluppatori di mobile apps in clienti paganti stimolandoli ad upgradare i propri dev tools gratuiti verso tiers più consistenti a pagamento. Lo scorso Luglio ha acquisito LaunchKit per permettere agli sviluppatori di creare screenshots dall’App-Store e siti web per promuovere le proprie mobile app.

In conclusione, avendo osservato il grande successo di Amazon AWS, ora Google vede grandi opportunità nel vendere all’esterno le proprie robuste infrastrutture di backend a sviluppatori che non vogliono costruire artigianalmente da soli ogni singolo pezzo dell’architettura delle proprie app.

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articolo originale: techcrunch.com

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